Jezabel

Romanzo di Irene Nemirovsky – (1936)

Cari amici lettori, nel comunicarvi le mie impressioni e riflessioni sul libro di cui in epigrafe avanzo a mo’ anticipazione di quanto dirò subito dopo, quali e quanti temi di base mi sembra abbia affrontato e non di straforo la scrittrice nello stenderlo. Sono temi basilari e trasversali comuni a numerosi dei suoi scritti ma certamente qui, come d’altra parte anche in altri romanzi, vengono rivisitati e scandagliati un po’ di più, ogni volta rispetto alla volta precedente e pressoché sempre presentati e rappresentati in modi , toni , sfaccettature, specifici e originali.

Ricordo che le mie riflessioni sono strettamente personali e collegate al mio status di lettrice che definisco, senza false modestie, piuttosto comune.

I temi sono, a mio avviso, essenzialmente tre, collegati intimamente tra loro:1°tema o tema dell’abuso, di quale abuso si tratta di uno piuttosto specifico: il maltrattamento della donna sulla donna, la donna nemica della donna; vi rammento, a questo proposito, come numerose fiabe abbiano fatto proprio questo tema presentando personaggi femminili di madri trasformati in streghe, matrigne, orche, pronte a perseguitare le figlie specie se belle e dotate di virtù che loro non posseggono; 2° tema o tema intramontabile del conflitto tra generazioni che può sfociare in una vera e propria lotta aperta senza quartiere ed esclusione di colpi, ivi incluso il mito dell’eterna giovinezza e dell’eterna salute che contrappone tra loro, quale conseguenza , giovani e anziani; 3° l’ossessione della bellezza.

Da subito appare chiaro comunque che il tema della bellezza, del fascino, della seduzione femminili si contenderà il campo per tutta la narrazione, si può dire dalla prima all’ultima pagina, con quello della contrapposizione anagrafica giovani/anziani.

Possiamo permetterci di asserire che i romanzi scritti da Irene si collocano, anagraficamente, storicamente e cronologicamente, negli anni irrequieti della sua breve vita: dalla fine della grande guerra all’avvento del nazismo, dagli anni venti alla crisi economica che annullò tutte le prospettive di ascesa sociale delle nuove generazioni , lasciando che il potere economico e politico si accentrasse nelle poche mani di singoli privilegiati, perlopiù anziani.

Come potete accorgervi compaiono subito un certo richiamo, una certa attualità, una vicinanza con i nostri giorni, senali profetici ed inquietanti, in numerosi suoi scritti, compreso il romanzo Jezabel, e questa analogia sembra indicare che la storia umana tende a ripetersi, specie nei suoi aspetti più odiosi e oscuri, la storia non sembra essere per l’A. né maestra né testimone efficace.

In Jezabel, Irene continua ancora a ripescare materiale di ispirazione dalla cronistoria della sua famiglia: una madre nemica, ostile, un padre assente perché dedito solo al dio denaro, la lotta spesso crudele tra due generazioni che sono costrette a convivere sotto lo stesso tetto. La contrapposizione di giovani ed anziani non riveste solo la posizione economica e sociale ma include e centralizza in questo romanzo la contrapposizione tra vigore, bellezza, salute e innocenza dei primi e debolezza, spiacevolezza, malanni e perversione dei secondi.

Dall’intreccio ben articolato di tutti questi elementi nasce una trama avvincente, una narrazione che mi ha spronato ad andare sveltamente alla fine del libro in quanto protagonista è proprio una madre, l’odiata e odiosa Jezabel. Il romanzo non svela subito i suoi segreti, li svela a poco a poco e lascia il disvelamento totale solo al termine come si addice ad un giallo o a un poliziesco; il mistero sembra circonfondere il personaggi di Jezabel, difficile da inquadrare, le sue angosce, le sue debolezze, la sua ferocia, la sua frivolezza, la sua depravazione. Jezabel è il nome di un personaggio biblico prototipo di donna estremamente lussuriosa e affamata di potere da esercitare su uomini cose e denaro anche su altre donne, una specie di Lucifero al femminile (sembra che il modello cui si è ispirata l’autrice sia l’Atalia eroina dell’ ultima tragedia scritta da Racine ).

Jezabel nel romanzo di cui parliamo corrisponde a Gladys Eisenach donna ricchissima, ma i soldi che possiede non le bastano . Lei desidera, desidera profondamente e costantemente di più, agogna di essere amata in continuazione da uomini che nutrano per lei un amore assolutamente incondizionato, assolutamente devoto. Questo è l’unico amore che cerca e vuole, che, come ragazza e giovane donna, ottiene assai facilmente; purtroppo s’accorgerà a sue spese, con il passare del tempo, che una volta sfiorita la giovinezza, ciò che brama non può essere comprato facilmente. Come avviene per il giovane Dorian Grey di Oscar Wilde, Jezabel sembra infatti quasi una versione femminile di Dorian, esteriormente non invecchia, si mantiene in forma pressoché identica anche col passare degli anni, restando incredibilmente bella giovane e fresca, ma l’apparenza dell’apparenza( la bellezza e la freschezza da sole non bastano), le impone di mentire per salvarsi anagraficamente dall’invecchiamento sulla data di nascita della sua la sua unica figlia, Marie Therese. Costei è cresciuta troppo, è diventata una giovane donna, vuole sposarsi, pretende anche lei il suo posto nella vita, è innamorata e segretamente fidanzata. Ma nella mente perversa della madre, se questa figlia cominciasse subito a vivere, la sua vita disi fermerebbe, lasciandola in un limbo che la terrorizza ossia quello della vecchiaia, che lei considera con orrore essendo per lei non solo l’anticamera della morte ma soprattutto la cessazione di ogni piacere dei sensi, di ogni possibilità di essere amata, venerata devotamente dagli uomini, come lei esige. Oltre che ridurre gli anni della figlia e a costringerla a vestirsi da ragazzetta per apparire infantile, si opporrà fieramente al suo matrimonio.

Hanno detto che questo libro esprime una feroce critica da parte di una donna nei confronti di tutte le altre donne considerate come possibili rivali nella seduzione, ree proprio in quanto seduttrici e concorrenti, se esordienti e belle anche molto pericolose, ma a me non pare così; questa volta la scrittrice mi è parsa contenere, frenare la sua durezza, la sua asprezza verso il personaggio materno(raffigurato come l’eterna seduttrice la madre con la collana di perle), a differenza di quanto ha fatto in altri romanzi. Mi è sembrato che, in qualche passaggio del libro, ella abbia voluto persino svelare, con questo suo comportamento, il bisogno di Marie Therese di essere in qualche modo amata e perdonata dalla la madre Jezabel, soprattutto quando scopre che è in attesa di un figlio dal fidanzato partito come ufficiale per la guerra e purtroppo caduto sul fronte.

Jezabel resta tuttavia e comunque la madre seduttrice, la creatura fragile luciferina dal volto bellissimo, dalle intenzioni crudeli( vorrà che la figlia celi per nove mesi la gravidanza e la indurrà a scegliere di partorire da sola, a non chiedere nessun aiuto, a fare da sé, a far nascere il figlio maschio parto che ne provocherà la morte per emorragia), la madre dal cuore assolutamente infantile che seppellisce la figlia, falsificandone sulla lapide la data di nascita, che decide di dare in adozione il nipote per non essere chiamata… nonna. Questa volta comunque, nonostante tutto, Irene non sembra dura nel giudizio verso Jezabel accusata dal pubblico Ministero di aver assassinato il giovane amante Bernard Martin, ma anzi sembra quasi assolverla come faranno anche la giuria ed il tribunale al termine del processo proprio perché Jezabel è una madre rea confessa, una madre che si è assunta alla fine la responsabilità delle sue colpe e merita pietà perché chiede espressamente alla giuria di condannarla per espiare.

Il profondo pessimismo di Irene a mio parere in questo libro si accampa decisamente, semmai e al contrario, su un altro fronte ossia sul dialogo impossibile tra le generazioni :Jezabel madre/ Marie Therese la figlia morta di parto; Jezabel donna più che matura/ Bernard Martin lo studente ventenne, ritenuto da tutti il suo amante stipendiato e da lei assassinato ragione per cui viene arrestata e processata.

Le generazioni appaiono in lotta fra di loro rese nemiche dalla lotta per la vita.

Jezabel è spietata nelle sue decisioni è come se una legge la governasse dentro e le suggerisse di non rinunciare alle sue illusioni, la rendesse insensibile a qualunque altra cosa pur di difendere quello in cui ha sempre creduto: La bellezza, la giovinezza, il dominio sui maschi, attraverso il fascino che li attira verso di lei e li getta adoranti ai suoi piedi. Per lei meglio essere un’assassina che una vecchia, meglio essere un mostro che ridicola, meglio essere morta che viva ma senza più l’ amore e l’ ammirazione devota per lei da parte degli uomini in quanto ormai troppo vecchia.

L’amore, il sesso, il piacere sembrano essere le sole passioni che muovono le donne. I loro uomini invece inseguono il potere, il rischio, il denaro. Anche i figli non sfuggono a queste trame, vi sono legati come lo sono i loro genitori ma si schierano non loro a fianco ma contro di loro. Sembra che i legami di sangue non siano abbastanza forti o almeno non lo siano quanto la competizione per la vita e la sopravvivenza della vita. Il conflitto di questo libro sembra riecheggiare quello tra vecchi da rottamare e giovani bamboccioni dei nostri giorni anche se questo secondo è di gran lunga più annacquato nei toni.

Termino con una notazione finale, suo nipote Bernard Martin che l’ha cercata e trovata e che lei ucciderà perché non sveli la verità sulla sua età al suo amante da sempre, quello più duraturo e tenace tra gli innumerevoli da lei avuti, il conte italiano Aldo Monti, preferendo al disvelamento della verità sulla sua età la pena capitale, poco prima di essere da lei ucciso pensa, carico di ubriachezza e di livore :“Maledetti vecchi!” facendo un tutt’unico della nonna Gladys, della sua madre adottiva, della madre di Laura, la sua giovane fidanzata morta di tisi e di tutti quei padri che stavano in quel momento detenendo il potere, i soldi, i beni, la loro stessa felicità, tenendoli stretti e al caldo senza mollarli alle nuove generazioni, lasciando loro, al contrario, in cambio solo la solitudine, la disperazione, la povertà e persino la morte.

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