Questa è una domanda interessante e forte, importante ed impegnativa; rispondervi è, se non difficoltoso, certamente alquanto complesso. Proverò ad avviare l’approfondimento sul tema che la domanda d’esordio solleva. Per iniziare, presenterò un breve sommario riguardante alcune posizioni raggiunte o suggerite da personaggi celebri, che si sono pronunciati sull’argomento, lasciando, quindi, ai vostri commenti, ossia a quelli che gradirete operare, la possibilità di ampliare il discorso creando le occasioni per il suo avanzamento e il suo progresso.

 

Inizio con la scrittrice Virginia Woolf.

In un saggio intitolato “ Come andrebbe letto un libro ?”, contenuto nella raccolta denominata “ Il lettore comune”- seconda serie, la Woolf mostra di avvertire una fondamentale sintonia con quanto sosteneva Samuel Johnson, singolare critico letterario, poeta e saggista britannico vissuto nel Settecento, quando affermava che è al senso comune dei lettori, non corrotti da pregiudizi letterari, che alla fine deve essere rimessa l’attribuzione dei massimi onori poetici, indicando così, nella definizione di “lettore comune” colui che legge per proprio piacere, senza offrire lezioni o cambiare il giudizio del prossimo. La scrittrice si spinge, comunque, ancora più in là. Introduce, infatti, due concetti, significativi e decisivi, quello della soggettività del lettore e quello della sua indipendenza. Compie tutto questo partendo dalla domanda su quali possano essere le idee, i suggerimenti da offrire al lettore e testimoniando, quindi, nel corso del testo, con intelligenza, sensibilità ed esperienza, la sua personale posizione in merito. A suo avviso, l’unico comportamento che il lettore può assumere di fronte alla lettura è quello di seguire assolutamente il proprio istinto, di usare esclusivamente la propria ragione, di arrivare da solo alle sue conclusioni e volendo rinforzare ulteriormente questa sua già netta convinzione, sottolinea come l’indipendenza del lettore sia la più importante qualità in assoluto che egli deve possedere. Nell’avvicinare un libro, prosegue la Woolf, occorre tuttavia porre attenzione anche altri due aspetti, ad altre due prospettive costitutive della lettura medesima, entrambe equamente fondamentali e critiche; esse sono, da un lato, l’esistenza di un libro che è stato scritto da un determinato Autore con le sue simpatie e antipatie specifiche, con i suoi vissuti esistenziali peculiari e, dall’altro, la sussistenza di un lettore concreto, altrettanto caratterizzato, con le sue aspettative determinate e i suoi preconcetti peculiari e specifici . Ciascun lettore deve essere libero di scegliere come comportarsi; nel primo caso, se cedere e farsi influenzare dall’Autore oppure starsene lontano, prendendo le debite distanze. Sempre il lettore, del pari, nell’accostare un libro, dovrebbe domandarsi se è pronto a non prestare troppo ascolto ai preconcetti e alle aspettative frutto di suoi personali vissuti che, in quanto tali, prescindono dal libro che sta per leggere, ossia se egli è disposto a sgomberare la sua mente per incontrare davvero l’ Autore del libro, per cercare di diventare lui. Si tratta, in breve, di aprire non solo la mente all’Autore, ma anche di volerlo comprendere senza per questo farsene influenzare. Per maturare questo obiettivo, il lettore, la Woolf lo riconosce, ha bisogno di tempo, fantasia, intuizione, esercizio dei propri poteri creativi ed intuitivi. Sono, precisa la scrittrice, le nostre peculiari e personali sensazioni, il nostro specifico gusto personale che ci guidano e ci illuminano nella lettura; noi impariamo, essenzialmente attraverso il nostro sentire, la nostra sensibilità; è solo con il passare del tempo, ella conclude, che arriviamo a guardare al libro letto con maggiore controllo ed equilibrio, a vederlo diversamente da come l’avevamo visto agli inizi, ci alleniamo a confrontarlo e a confrontarci specialmente con noi stessi per diventare, via via, dei lettori più consapevoli.

Proseguo con un esplicativo e breve rimando alla poetessa Emily Dickinson.

Nella poesia da lei dedicata esplicitamente alla lettura e che inizia con il celebre verso “Non esiste un vascello veloce come un libro” ci fa comprendere molto bene quanto a lei, resasi schiava di una scelta terribile, sia pure compiuta in modo coraggioso e del tutto volontario, ossia quella di vivere coatta dentro solitudini e segregazioni fisiche e sociali pressoché totali, la lettura di un libro o anche di una poesia riesce ad offrire. Leggere un libro per lei costituisce una duplice straordinaria occasione di libertà. Un’occasione due volte dirompente, la prima nel senso che è metaforicamente capace di temperare gli impedimenti e superare i confini, permettendo alla fantasia di espandersi e al pensiero di raggiungere anche terre molto lontane senza i limiti dello spazio e del tempo; la seconda nel senso che si dona gratuitamente a chi lo desidera, si offre senza alcun pagamento di pedaggio, concedendo all’anima di poter navigare, a vele spiegate, verso sempre nuovi orizzonti e di raggiungere sempre nuovi avvincenti approdi.

Ripropongo, in quanto sono sicuramente noti a tutti, alcuni tra i punti che costituiscono le dieci regole del lettore ideale indicate da Theodoro Roosevelt, 26°Presidente degli Stati Uniti e premio Nobel per la pace, più precisamente i punti da 1 a 6.

1.La gamma di scelta dei libri esistenti è talmente sconfinata che a mio parere è assurdo cercare di redigere liste o cataloghi per creare un Olimpo delle letture dedicato ai migliori pensatori.Non esistono libri migliori in assoluto e non è possibile stilare una classifica che sia valida per tutti gli uomini di tutti i tempi.

2.Un libro deve essere interessante per quel particolare lettore in quel preciso momento.

  1. Personalmente, i libri da cui ho tratto più profitto sono stati quelli in cui quest’ultimo è stato subordinato al piacere, cioè, io li leggo perché mi ispirano, mi divertono. L’utilità arriva di conseguenza, come parte del divertimento.
  2. Il lettore ed il bibliofilo devono soddisfare i propri bisogni senza prestare troppa attenzione a ciò che viene imposto dalle mode, dalle tendenze, o dai dogmi.

5.Il lettore non deve fingere che gli piaccia un libro per cui non prova nessun interesse.

6.I libri sono quasi come degli amici. Non ci sono regole precise, ognuno incontra gli interessi e le propensioni di quella specifica persona.

Chissà se dalle parole di un Presidente, appassionato lettore, possono venirci dei suggerimenti…

Infine eccoli tutti, uno dopo l’altro, i dieci diritti del lettore, come indicati da Daniel Pennac, docente e scrittore contemporaneo, paladino della lettura non come dovere ma come atto di libertà, alla pari con la libertà di amare e di sognare, nel suo saggio, diventato un classico, che porta questo titolo “Come un romanzo”( Feltrinelli, 1999).

I DIECI DIRITTI DEL LETTORE

1. Il diritto di non leggere.

2. Il diritto di saltare le pagine.

3. Il diritto di non finire il libro.

4. Il diritto di rileggere.

5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa.

6. Il diritto al bovarismo(1).

7. Il diritto di leggere ovunque.

8. Il diritto di spizzicare(2).

9. Il diritto di leggere a voce alta.

10. Il diritto di tacere(3)

Vero è che questo saggio è stato scritto e idealmente pensato da Daniel Pennac come rivolto ai giovani che non leggono, leggono poco e quando lo fanno leggono letture obbligate e quindi malvolentieri, ma non è detto che non sia estensibile anche ad un pubblico più ampio. Pennac, a detta della critica, lancia attraverso questo saggio, un vero e proprio messaggio sovversivo, definendo, in vari modi, l’atto della lettura. Alcuni esempi per tutti: lettura come malattia per cui non esiste cura, come metamorfosi, come itinerario da cui non si torna indietro, come viaggio verticale, come portatrice di una virtù paradossale che è quella di estraniarsi dal mondo per trovargli un senso, sino ad arrivare alla lettura come oggetto di condivisione tanto che noi possiamo dirci abitati di libri e di amici,

Note finali (1), (2), (3).

L’A. stesso spiega che per il termine “bovarismo” si intende, a grandi linee, questo: cercare la soddisfazione immediata ed esclusiva delle nostre sensazioni; l’immaginazione che si dilata, i nervi che vibrano, il cuore che si accende…

Sotto la voce verbale “spizzicare” va intesa la libertà che ci concediamo di prendere un volume a caso della nostra biblioteca, di aprirlo, dove capita e di immergerci un istante perché solo di quell’istante disponiamo.

A commento del diritto di tacere sempre l’A. spiega aggiungndo “l’uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in un gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire (…) Le nostre ragioni di leggere sono strane quanto sono strane le nostre ragioni di vivere”.

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