Autore: PAULO COELHO

Romanzo: VeroniKa decide di morire (Bompiani, 1999)

 

Il vero io è quello che tu sei,

non quello che hanno fatto di te.

 

 

Antefatto

22 marzo 2020… 13mo giorno di quarantena

Sono le 8.00 sono in casa -e  dove dovrei essere se non in casa?-  guardo  in giro  a scovare il mio nuovo e secondo compagno di vita… il silenzio… con occhio svagato e stanco mi vagola intorno da tredici giorni; sbadiglia fragoroso e  di continuo, stiracchiandosi con modi  animaleschi e dando chiari segnali di volersi sdraiare dovunque, dove gli capita, per dormire… o forse anche per  morire lì… la noia della ripetitività mi ha saturato sin sopra gli occhi, appesantito e reso cascanti le palpebre… un attimo prima della loro serrata quotidiana imminente, la brossura bianca e blu-verdastra delle notti arlesiane mi ferisce le pupille ormai solo punte di spillo, con i suoi ghirigori impazziti,  ne costringe l’apertura e la conversione… leggo scandendo: Paulo Coelho “VeroniKa decide di morire”…  che beffa terribile! Questo titolo e la sua copertina  mi appaiono improvvisamente irresistibili…li stacco come si stacca un frutto appetitoso dal ramo  di una pianta,  nella fattispecie la mia libreria, lo apro e leggo… Era l’11 novembre 1997,Veronika decise che era finalmente giunto il momento di uccidersi… confesso: non ce la farò a  staccarmi da sotto  quell’insolito albero dai rami di legno fitti di pomi, tutti asciutti eppure  tutti amabili,  neppure da questo che trattengo e contemplo tra le mani  se non a tarda sera, quando sarò, come il libro, completamente consunta.

Non vi inganni il titolo come è invece avvenuto con me, né l’incipit del romanzo che decide di affidare a un capitolo intero, in descrizione minuta, come la decisione di VeroniKa, con la K in quanto slovena, scelga luogo, Lubiana, giorno, ora, scenario e recitazione, da abile e fredda regista quale è, per porre in essere il tragico gesto e neppure la durata, che non lo è affatto, ma che tu, leggendo, percepisci lunghissima, del primo capitolo.

Veronica è una ventiquattrenne che vive a Lubiana, è belloccia, interessante, intelligente economicamente autosufficiente, ha infatti un lavoro sicuro presso una biblioteca civica; la sua vita è sì diretta dalla sua famiglia ma anche, in buona parte organizzata da lei; solo che, piccolo particolare, a governare in fondo in fondo la sua vita non è la sua famiglia o lei stessa ma qualcosa di più subdolo: il tran tran della normalità. Nulla nella sua vita che faccia pensare a tormenti lacerazioni lamentazioni ipocondriache; ma allora perché, un giorno di autunno del 1997, Veronika decide di morire? Due sembrerebbero le cause simultanee: un’esistenza troppo monotona che le ha già dato da consumare tutto quello che poteva offrire lasciandola priva di stimoli ulteriori da coltivare e un forte senso di impotenza, di inutilità, di incertezza e di paura di fronte a un mondo presentato dai notiziari e dai media come profondamente catastrofico, minaccioso, malvagio. VeroniKa cerca la morte determinata a raggiungerla: ingoia, una per una, le pastiglie presenti in due tubetti di sonnifero ma nonostante i dolori e l’incoscienza che accompagneranno questa sua esperienza di suicida e che lo scrittore ci offre distillata a gocce, la sua ora non è ancora arrivata. Si risveglia nel secondo capitolo in un ospedale psichiatrico, dove due medici presenti al suo capezzale le comunicano che il tentativo di suicidio ha gravemente danneggiato il suo cuore e che le restano tra i cinque e i sette giorni di vita. Di fronte a questa sentenza di morte ritardata rispetto alle sue previsioni, chiusa in quello strano edificio, un manicomio conosciuto come la Villette, circondata da persone dichiarate folli secondo i canoni della società sana e benpensante, Veronika inizia un nuovo percorso di vita. Fa la conoscenza di persone nuove che non hanno mai fatto parte del suo modo di vivere precedente… la gentile e depressa Zedka, Mari una tra le veterane dell’istituto, saggia fondamentalmente, ma in preda a forti crisi di panico che non riesce a governare; il giovane Eduard, schizofrenico e deluso dalla vita, chiuso in un mondo tutto suo, un mondo interamente di arte e di sogni, in cui non faticherete a riconoscere lo stesso scrittore; come saprete,  Coelho fu ricoverato due volte in gioventù in  manicomio e in una delle due volte sottoposto anche a elettroshock,  in quanto considerato un diverso… perché semplicemente voleva fare l’artista e lo scrittore nella vita. Veronika, un po’ alla volta, confrontandosi con gli altri ricoverati, ma in particolare con il Dottor Igor che vede in lei un caso speciale per un lavoro scientifico ed un possibile quanto auspicato articolo da pubblicare su riviste di settore, ma che è, anche, vivamente e sinceramente interessato al suo caso, cambia progressivamente la sua visione della vita e del mondo. La ragazza uscendo dalla consapevolezza della morte (l’ha provata suicidandosi e la ritrova nei mancamenti cardiaci del suo cuore gravemente malato che le capita di avvertire dopo il risveglio dal tentato suicidio) alla consapevolezza della vita imparando una verità sola ma fondamentale: vivere è stare dentro ad ogni momento che si sta vivendo come se questo fosse qualcosa di unico e di miracoloso.

Veronika decide di morire è fondamentalmente un romanzo autobiografico.

Coelho, in questo  scritto ,mescola temi tra loro diversi: la follia, il coraggio di essere diversi, i malesseri che affliggono la società contemporanea: depressione, noia, crisi di panico,crisi di identità di fronte alle minacce nucleari, ai disastri ambientali e alle loro conseguenze sull’uomo, alle nuove malattie incurabili che minano alla radice la megalomania onnipotente del potere sanitario, all’espandersi delle  diseguaglianze, all’avvento, accanto alle vecchie, di nuove forme di discriminazione, all’ avanzata giornaliera delle ingiustizie, all’indifferenza che sta trapiantando radici potentissime dentro le coscienze e nel mentre svuotandole di  ogni contenuto; non tralascia però e prepotentemente persegue anche  l’importanza che riveste la ricerca di se stessi come ancora di salvataggio  con accanto  purtroppo, per chi non ci riesce, il suicidio come soluzione ultima e unica, che prende talvolta il sopravvento sui soggetti fragili psichicamente, spesso giovanissimi, che entrano in crisi incappando  in qualche batosta della vita e che purtroppo non ne fuoriescono.

Nonostante i temi trattati questo romanzo non è affatto un romanzo triste deprimente tragico, semmai è una rivendicazione della vita che reclama di continuare ad esserci. Se, infine, volete sapere se e come VeroniKa si rinfrancherà e affronterà la sua annunciata sentenza di morte… mi spiace non ve lo svelerò… dovete arrivarci da soli, leggendo il libro.

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